Parola "singolare"



Ancora qualche considerazione, veloce come necessità di blog richiede, sull’antologia Parola plurale.
L’esclusione di Davide Rondoni mi pare davvero inaccettabile, non solo per il poeta singolo, che penso non si curi tanto della cosa, ma per la censura pregiudiziale dell’ideale che dà forza, forma e sostanza ai suoi versi.
Nonostante i curatori di PP abbiano tentato un pluralismo di differenti esperienze poetiche (Beppe Salvia e Claudio Damiani sono tutt’altra cosa da Berisso, Ottonieri e Gentiluomo, per fortuna…), emerge nella totalità un’idea di poesia che non si schioda dalle Accademie e Università.
Ed emerge soprattutto l’eccessiva attenzione alla Forma più che alla Sostanza dei testi…Sappiamo che noi uomini siamo Corpo e Anima e che non c’è bisogno di essere dei grandi geni per individuare una realtà di tipo spirituale in sé stessi che si delinea al giudizio nel momento in cui più ci si allontani dall’infanzia.
Non amo chi scinda Corpo e Anima, ma purtroppo è un processo di distacco che ha origini antichissime e del quale è testimonianza autorevole l’opera di Francesco Petrarca , uomo che già avvertiva tale separazione, al contrario di Dante che, autenticamente medioevale, è portatore di un modello antropologico di unità e integrità.
Non possiamo approfondire troppo tale questione perché richiederebbe una dissertazione filosofico-antropologica che dovrebbe partire da S.Tommaso. Rimando ai lavori di Etienne Gilson per approfondire questioni che riguardino la filosofia medioevale. E ovviamente alla Commedia dantesca.
Qui ci basti restare nell’ambito strettamente letterario dell’Antologia, per rilevare come il secondo termine della questione, l’Anima, sia stato totalmente espunto dal discorso poetico generale. E con essa, ovviamente, obnubilato ogni disorso sul Mito o sulla Tradizione o sull’Esoterismo o semplicemente archetipico …Non mi pare emerga, nella sommatoria dei singoli curatori, una concezione critica che medusi tali realtà, magari qualcosa vicino alla critica simbolica di Northrop Frye o alla critica psicanalitica del profondo. Quindi sono stati scientificamente esclusi poeti più “sensibili” allo Spirito (che poi secondo il grande, benché troppo hegeliano, Hugo Friedrich era l’anima della lirica….)… Se quest’antologia di Sossella fosse stata compilata negli anni trenta-quaranta si sarebbe escluso Ungaretti (sì lo so, Cortellessa ha scritto una monografia di accompagnamento al video Einaudiano, ma cercate di capire cosa voglio dire…).
Quindi sul fronte spiritualistico, si è fatta terra bruciata…
Però io non sono uno spiritualista, né uno gnostico né un neoplatonico, né un seguace di Hilman, e guardo queste esperienze culturali come stimoli che alimentino la potenza della mia immaginazione: per necessità mitopoietiche.
Sono un cristiano materialista…Che vuol dire? Sembrerebbe una contraddizione in termini… No, se si consideri come il cristianesimo sia, tra le grandi, la religione più materialista.
E ciò per il grande Mistero dell’Incarnazione di Cristo che, facendosi corpo e carne, salva la materia.
Dante, nella Commedia, intraprende il viaggio proprio per raggiungere Beatrice morta (nuova interpretazione del mito di Orfeo): il suo è un viaggio d’amore non un trip mistico o una gita da prete.
Nel momento in cui gli si profila davanti il grande Mistero dell’Incarnazione e la Figura di Cristo, ammutolisce: la sua parola, anche la parola di uno dei più alti geni della letteratura occidentale di tutti i tempi, non può nulla. Ma con il Mistero dell’Incarnazione si capisce che anche la realtà mortale può essere salvata e quindi anche la morte umana e dunque anche Beatrice, la cui vita non è stata vana;
l’Incarnazione, il Mistero dolcissimo, scandaloso e inaudito della cristianità.
Ecco, nell’antologia Parola plurale, e, nello specifico saggio di Cortellessa intitolato Io è un corpo, (che ovviamente gioca sulla più affascinante espressione Io è un Altro di Rimbaud), non c’è nessuna traccia di questo.
Si resta nel più classico materialismo sensistico- lucreziano-marxista.
Non stupisce quindi l’attenzione verso autori in cui si assista a quella che il critico chiama notomizzazione del corpo con i fenomeni di decostruzione, scomposizione, relativizzazione dell’io.
Che poi sono sempre, negli autori scelti, molto esibiti, teatralizzati e giocati; sparuti esempi: Ottonieri è un paroliere che gioca troppo con il significante, Gentiluomo è uno che dovrebbe darsi all’agricoltura o al taglio e cucito, Berisso è interessante ma quanto poco affascinante il suo Medioevo intellettualizzato rispetto alla freschezza di certi autori anche minori di quell’Età Santa?
Si parla di Corpo, dunque, e mi chiedo: perché Cortellessa non abbia messo la Cera Rosco? Forse perché in Tiziana il corpo è un ricettore fisico-mistico? E siamo ancora e nuovamente alla solita censura ideologica?…
Nell’esperienza poetica mia e di Davide Rondoni (stilisticamente differente, idealmente e cordialmente vicina) non c’è un Io notomizzato che si guardi l’ombelico o che rifletta allo specchio…
Io e Davide abbiamo già incontrato una realtà che ci ha abbracciati così come siamo: l’Io cerca di tenersi nella sua integrità di corpo e anima e parte per l’avventura e per i colori del mondo.
Andrea Margiotta

Commenti

  1. Ma non mettono Tiziana perchè non sanno come prendere la sua materia.
    Se leggerete l'intervento della Cera Rosco su Lietocolle che si intitola "il mio corpo vuole essere una E" e parla di Congiunzine, capirete perchè è difficile starle dietro. Non è pazza come una mistica, isterica come figa, remissiva come un'inibità.
    E non è una tutta raso e vestitini come chi vuole accorciare le strade per scalare, dimendicandosi di capire.
    Ma queste cose impongono una visione prima che una critica.
    E, in un tempo dove ognuno dice la propria, come si fa ad avere una visione sugli altri?

    T

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  2. La ringrazio per Blog intiresny

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