PENSIERI SUL CINEMA DI UN SOGNATORE












Ha ragione Tarantino quando si scaglia contro il cinema italiano… Magari esagera un po’, ma coglie il bersaglio… Dice che la produzione degli ultimi anni lo deprime, lui che amava così tanto i poliziotteschi italiani anni settanta, tipo il memorabile Milano calibro 9 di Fernando di Leo, con una splendida Bouchet biondissima che balla… Una rivincita per certi registi come Lenzi o di Leo ingiustamente snobbati da molti critici (ma non dal pubblico)… Aggiungiamo che si potrebbe anche ricordare il cinema dei Rossellini, Pasolini, Antonioni, Fellini, Visconti, Zurlini, DeSica e Germi…
Ed oggi? Storie un po’ del cazzo – o per continuare con le parole del mitico Quentin – sempre i soliti tiramenti intimistici, storie di ragazzetti foruncolosi che vanno in vacanza e ritmo e visione mutuati dalla Tv… Insomma: il desolato paesaggio di un paese provinciale senza il coraggio degli affondi o delle sperimentazioni, senza immaginazione… incadaverito in un generico conformismo e in piattezza, marionetta i cui fili sono spesso tirati da burocrati senza estetica o da politici senza gusto…
Tran tran, respiro affannoso e vivacchiante ma senza neppure l’eroismo tragico dell’animale morente: piuttosto, l’untuosità burocratica e ragioniera che non ha nulla di artistico…
Certo, Tarantino dimentica taluni buoni risultati, alcuni notevoli talenti sempre più in forma come i Sorrentino, Garrone, Winspeare, Soldini e tanti altri ancora come il Rubini de La Terra
E dimentica anche un film che a lui forse poteva piacere molto, se lo avesse visto: Romanzo Criminale di Placido, che mi ha inchiodato alla sedia, a me come ad altri…
E perfino il primo Notte prima degli esami, del mio ex collega Brizzi, aveva una leggerezza di tocco e un’atmosfera che facevano cogliere, a un occhio attento, la cultura cinematografica e la perizia drammaturgica dell’autore…
In generale, però, Quentin non ha tutti i torti come ha sottolineato anche Pupi Avati…
Ma Tarantino ha fatto bene perché è tipico di un paese come l’Italia risentirsi per le critiche, tanto più poi se vengono da un cugino "benestante e trendy" americano: e, come tutti i provinciali che però hanno una marea di talenti artistici “in sonno”, scuotersi dal torpore cercando di far meglio…
Il cinema italiano è in ripresa: gli incassi lo confermano… Ma cerchiamo di ascoltare di più i consigli di un produttore come Dino DeLaurentiis costretto ad emigrare negli Usa anche a causa di una legge italiana sul cinema balorda che ha aumentato il controllo politico e messo il piombo alle ali del sistema industriale… Il sistema americano (almeno sul cinema) è da imitare: l’industria di Hollywood è il concentrato dei peggiori vizi e difetti umani e della più bieca e becera non cultura ma, accanto ad esso (ed anche grazie ad esso), si afferma un cinema indipendente spesso di grande qualità…
Certo, un maestro come Bellocchio fa anche bene a reagire, piccato e offeso: “O Tarantino: io sono Bellocchio, mi conoscono dal ’68 e adesso arrivi tu a pontificare…Guarda che i pugni posso tenerli in tasca ma posso anche usarli…”…
Scherzi a parte, ha fatto bene Tarantino ma ha fatto bene pure Bellocchio a reagire in difesa del prodotto nazionale anche perché il suo notevole Regista di matrimoni, il Quentin sicuramente non ha avuto modo di vederlo…
Ho apprezzato molto l’ultima produzione di Bellocchio: un regista che, tuttora, mi mette una certa soggezione… Lo sento come un idioma straniero, non avverto l’afflato che mi porta, pur nella lontananza ideologica, verso i Bertolucci e i Moretti… Bellocchio mi pare uno che segua una sua strada personalissima e solitaria, inusuale, impervia… Lo rispetto, lo ammiro ma non riesco a trovare una chiave per aprire le sue porte…
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Sorrentino che passeggia qui a Roma, in Piazza S.Lorenzo in Lucina con il suo gruppetto di collaboratori un po’ froci (almeno nelle movenze…) … Che starà mai cercando, forse angoli di ripresa per il suo prossimo film?… Grande talento, Sorrentino: però uno stramaledettissimo completo elegante, te lo vuoi fare o no? Sei uno dei migliori registi italiani, va’ là, probabilmente non fai gli incassi americani di Gabriele Muccino o le scorpacciate femminili di Gabriel Garko… Però non puoi girare come un universitario di materie letterarie in blusa e jeans, idem i tuoi collaboratori, identici nel look: non puoi, perché fa tanto ex Unione Sovietica…
Boh! Forse è un’esigenza di comodità…
Ad ogni modo, l’anticonformismo è una questione dello spirito così come il genio: non ha bisogno di divise minimal… Non ho mai visto Pasolini in tenuta da meccanico...
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Silvio Muccino invece si veste bene (d'accord, lui è pure attore…): si sta anche facendo i muscoletti in una palestra e proprio lì, aspettando la mia ex fidanzata, lo conobbi e ci parlai: fu gentilissimo… Poi lo incontrai nuovamente a Sorrento, per una mia premiazione: mangiavamo allo stesso tavolo perché eravamo nello stesso gruppo di produzione e gli feci una battuta un po’ cattivella che non deve aver gradito… Si vede che con i Muccino io proprio non mi ci ritrovo (vedi il precedente articolo sul fratello Gabriele)…
Ma, mentre in Gabriele io riscontro un’inquietudine e un certo talento, in Silvio intravedo una ansiosa presunzione tardo-adolescenziale… Come attore funziona, non è male per le parti che fa (ma vorrei vederlo in ruoli diversi)… E se facesse sempre l’attore non avrei nulla da ridire… E invece no! Silvio aspira all' artista totale: prima ci prova come sceneggiatore, poi come scrittore di libri a quattro mani, infine, oggi, si lancia come regista…
Vorrei dare uno schiaffetto a Muccino, un simpatico buffetto perché so bene che, tra dieci anni e con un po' di maturità in più forse mi ringrazierebbe...
Poi dici che Tarantino si incazza! No, non è una cafonata quella di Quentin: è un urlo liberatorio come il Fantozzi della Corazzata…
Ma Dio Santo! Possibile che un produttore italiano (e spero non sia chi penso io) sentendo il nome Muccino venga percorso da formicolii e brividini e pensi di eguagliare gli incassi americani del fratello?
Ma che razza di visione poetica delle cose potrà mai avere Silvio, che è appena uscito dalle Scuole Superiori italiane e non è certo Rimbaud? Che razza di sapienza tecnica del mestiere… E soprattutto: che conoscenza della drammaturgia?
Pochi sanno (o molti sanno e non vogliono ammetterlo) che il segreto di un film sta nella storia ben scritta, dunque nella drammaturgia… A meno che uno non sia uno straordinario talento poetico come Pasolini o un artista come Rossellini…
La forza di un film non sta nei virtuosismi del piano-sequenza o delle angolazioni di macchina strane… No, il segreto è la storia ben scritta e ben recitata…
E che conoscenza della drammaturgia potrà avere Silvio Muccino che probabilmente confonde Sofocle con Socrate?
Ma no: il produttore italiano sente il cognome Muccino, concorda con lui un titolo di una banalità sconfortante come “Parlami d’amore” (pensando che ogni film con la parola amore debba essere sempre e soltanto un successo, ignorando forse certi flop come l’ultimo Voce del verbo amore) e fissa un’uscita per il S.Valentino del 2008 (sperando che sia sciamanicamente propizia come il Notte prima degli esami che almeno era fatto discretamente)…
Io non voglio che a parlarmi d’amore, a me o alle ragazzine, sia Muccino: io voglio che a parlarmi d’amore sia Dante o Leopardi o Neruda o Baudelaire o Wong Kar-Wai o Kim Ki-Duk… Delle visioni stanco-sociologico televisive, stanco-borghesi del Muccino piccolo non so che farmene…
Il film sarà una boiata pazzesca, dunque un flop: se ci sono ancora un cuore e un’intelligenza in codesto paese…
Continuiamo così: facciamoci del male…
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Alfred Hitchcock, che per lungo tempo fu considerato solo un abile artigiano magari con la banale definizione di maestro del brivido, è stato un grande cineasta e la di lui conoscenza costituisce una sorprendente lezione di cinema, una delle migliori… Lo sapeva bene Truffaut che lo amava e che lo intervistò in maniera memorabile… Hitchcock è un grande così come Bergman è invece, come dicono a Roma, una “sola”, se si escludono poche cose come Il Settimo Sigillo o Il posto delle fragole (che comunque scambierei volentieri per un film di Bresson o di Tarkovskij)…
Credo che proprio Tarkovskij ha realizzato nelle sue opere quello che Bergman forse avrebbe voluto, tentando, approssimandosi molto ma sfiorandolo appena ... Sintomatico uno scritto dello stesso Bergman, dove lo svedese con grandissima umiltà riconosce questo suo tentativo a lui non riuscito come al regista russo ... Filmare l'invisibile forse? Filmare il Mistero?
L'unico film di Bergman che davvero amo è La fontana della vergine, film di rara bellezza e tensione ...
Certo, Allen, in una celebre scena, se la prendeva con la Keaton rea di aver parlato male dello svedese che lui tanto ama, a tal punto da assumere lo stesso direttore della fotografia (io amo Allen ma non amo Bergman…) … Ma in Bergman c’è sempre una specie di morbosità, una pretenziosità, uno sguardo sociologico, una visione borghese, una angoscia protestante e solipsistica… E, soprattutto e non poche volte, una pesantezza gratuita che viene scambiata per profondità … Ma volete mettere con la bellezza e il nitore di un collega nordico benché danese come Dreyer?
Del resto, furono emblematici i molti fiaschi iniziali di Ingmar, prima che divenisse l’autore tanto amato dagli pseudo-intellettuali di ogni dove…
Non abbagliò però uno come Lévi Strauss che proprio non sopportava Bergman e sono d’accordissimo con lui…
Invece, il celebre antropologo amava molto Hitchcock, non solo nel perfetto La finestra sul cortile, capolavoro, ma anche in quel film imperfetto, secondo Truffaut capolavoro“malato” come Vertigo – La donna che visse due volte che secondo me è splendido…
Un purista o un esperto di drammaturgia avrebbe accorciato la prima parte e ampliato la seconda, inserendo qualche flashback informativo: avrebbe sviluppato e approfondito il tema che, in effetti, interessava maggiormente Hitchcock ovvero la ri-creazione di una donna dall’immagine ossessionante e fantasmatica di una morta, che avviene nella seconda parte…
Tuttavia, a mio avviso, la prima parte, troppo lunga, è bella proprio per quel clima di mistero, ma anche di sogno o sospensione amorosa che riesce a creare…
Forse il film doveva essere ancor più lungo, così da sviluppare meglio anche la seconda parte: ma sarebbe stato impossibile per i parametri e gli standard di durata di Hollywood…
Truffaut ha fatto sua, benissimo, la lezione del Maestro ( in modo molto personale): bene anche Chabrol… Meno bene tanti altri, come Brian De Palma che sbaglia, non sempre ma almeno tutte le volte che invece di fare come Hitchcock fa Hitchcock…

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King Kong, il film del ’33, l’originale, unico ed inimitabile, è un capolavoro: è una straordinaria metafora, non solo degli Usa ma della vicenda umana in senso universale, un’opera piena di echi e simbolismi non soltanto erotici… La vicenda della Bella e della Bestia è senza tempo… Qui, è la Bella che alla fine uccide la Bestia…
Film straordinario, per una miriade di motivazioni e non anche per i fantastici trucchi artigianali che impressionano ancora oggi, pur abituati ad ogni diavoleria digitale (ma spesso senz’anima)…
Film che condensa il popolare e l’avventura, l’amore ma proiettandoli in una dimensione di grandezza e visionarietà onirica…
Devo però anche salvare, forse perché la storia è troppo bella e regge anche quando il film non sia un capolavoro come l’originale degli anni trenta, la versione anni settanta con Jessica Lange da infarto… Da piccolo, potevo avere sette anni, mi presi una cotta cinematografica per la Lange, dopo quel film visto al cinema… Un febbrone e dolci sogni…
Il King Kong degli anni trenta è un diamante lucente che riesce a turbare l’inconscio così come un altro bellissimo film di luci ed ombre e mistero: Il Bacio della Pantera (Cat People), l’originale del ’43 di Jacques Tourneur, rifatto da quel sapiente e colto sceneggiatore (Taxi Driver) e talvolta bravo regista di Paul Schrader ( grande in American Gigolò: ho anche la sua ascetica tesi di laurea che è diventata un libro in commercio…) negli anni ottanta senza però superare o reggere il modello…
Se fossi un docente universitario di cinema partirei proprio da King Kong, per poi saltare indietro all'immenso Chaplin e via…
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Chi non vorrebbe una moglie come Andie MacDowell, memorabile in Green Card o in Quattro matrimoni e un funerale?
Bellezza autunnale…

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