Mario Luzi, poeta civile?




Leggo, con un paio d'anni di ritardo, un articolo di Alfonso Berardinelli su Mario Luzi, pubblicato su Il Foglio e ripreso anche in vari siti;
https://lombradelleparole.wordpress.com/2014/11/09/considerazioni-di-alfonso-berardinelli-sulla-poesia-di-mario-luzi/

dove si notano i limiti della Ragione illuministica del critico, nell'inoltrarsi in territori che richiederebbero studi di filosofia medioevale, storia delle religioni, teologia... O, semplicemente, una Ragione più aperta al Mistero... (La ragione può essere una stanza che misuri tutto o una finestra che apra all'esterno)...
Prima di tutto: cosa vuol dire poeta civile e morale, come Luzi avrebbe potuto essere dopo aver trovato la  sua forma in «Nel magma», secondo il critico? E (esulando dal discorso su Luzi) una bellissima e alta poesia incivile potrebbe esistere, secondo Berardinelli?
Se proprio si voglia usare questa definizione di poeta civile e morale (che io, «poetastro» alla Claude Le Petit o alla Villon e spesso «incivile», non sento troppo), credo che pochi lo siano stati, non solo nell'opera ma anche come gesti concreti, (la fondazione del Centro Leopardi, ad esempio) e in dialogo con politici spesso sordi e ciechi alle cose poetiche o artistiche, come Mario Luzi; il quale fu nominato senatore a vita, quando la sua vita era quasi finita e, pure, non rinunciò a far sentire la sua voce, anche in polemica...   
Ma, prendendo le mosse da un articolo di Ossola, Berardinelli scrive: «A sua volta Ossola aggiunge astrazione ad astrazione dicendo che Luzi “come tutti i grandi poeti del Novecento ha mirato all’essenza”. Ora c’è da chiedersi che cos’è l’essenza, che cosa si deve intendere con questa parola. C’è l’essenzialità di Ungaretti, ma c’è anche quella di Montale. E Saba è poco essenziale? E Giovanni Giudici (che Ossola ha studiato) con i suoi versi umili e quotidiani, cattolici e comunisti, ha mirato o no all’essenza? Ha raggiunto il bersaglio? In letteratura e in particolare in poesia, quella dell’essenzialità è forse (con quella di realtà) una delle nozioni più sfuggenti e controverse. Ogni stile ha la sua idea di ciò che è essenziale. Ogni stile ha la sua fisica e metafisica più o meno implicite.
Mi sembra che Luzi, forse immaginando di essere sulle orme di Montale, abbia preso invece tutt’altra strada, si sia sollevato in volo verso l’inconoscibile e abbia perso, in tutti i suoi ultimi libri, che non sono pochi, la distinzione tra fisico e metafisico, tra l’esperibile e il sovrasensibile. Ungaretti (su cui Ossola ha scritto un libro) è il poeta più “essenziale” del Novecento, eppure le sue poesie di guerra (le migliori) sono sommamente circostanziate: di ogni testo si precisa il luogo e la data di composizione. Poi, con il suo secondo libro, ha inventato l’ermetismo perché non sapeva più con precisione che cosa dire.»

Ora, a parte la boutade finale su Ungaretti «che inventa l'ermetismo» (in verità, inventato come formuletta critica da Francesco Flora) addirittura «perché non sapeva più con precisione che cosa dire», (ma come, Alfonso, mi diventi improvvisamente un Fausto Curi? Proprio tu che hai scritto l'introduzione saggio, diciamo «correttivo», a «La struttura della lirica moderna» di Hugo Friedrich?
Sai bene a quale nobile tradizione l'Ungaretti secondo volgesse la sua attenzione e, tra l'altro, dimentichi che, dopo «Sentimento del tempo», scrisse anche «Il dolore», che io trovo ancora molto bello e forte oggi?).
A parte la battuta, dicevo: in questo brano dal suo articolo, è evidente come Berardinelli confonda il significato di essenza in senso filosofico (come lo intendeva probabilmente Ossola nel suo articolo su Luzi), con quello di essenzialità dello stile (come sobrietà, concisione etc.).
Dunque trascrivo per il nostro smemorato, il significato di essenza secondo il vocabolario Treccani: essènza (ant. essènzia) s. f. [dal lat. essentia, der. di esse «essere», come calco del gr. οὐσία; nel sign. concr., dal lat. degli alchimisti]. – 1. In filosofia, la realtà propria e immutabile delle cose, intesa soprattutto come la forma generale, l’universale natura delle singole cose appartenenti allo stesso genere o specie; per antonomasia, la divina e., la prima e., la somma e., Dio. Nell’uso com. è in genere usato come sinon. di sostanza, in contrapp. a ciò che è accidentale, accessorio, contingente.
Se poi Beradinelli volesse «strafare», potrebbe leggere o rileggere «La filosofia nel Medioevo» di Étienne Gilson, dove 'ste robe così «silenziate» dalla cultura in cui si è formato lui, sono trattate con metodo adeguato.
Quanto alla poesia «morale», cosa vuol dire esattamente? (Forse un po' moralistica come certo Fortini?)... A me piacciono non pochi testi di Fortini ma sono sicuro che il poeta litigava dialetticamente anche guardandosi allo specchio.
Comunque, ricordo che Brodskij (forse perché un po' si intendeva di comunismo sovietico) non considerava Brecht (uno dei maestri principali di Fortini) un grande poeta.

Ora, io non voglio difendere Luzi a tutti i costi (specie quello degli ultimi suoi libri) ma non si può interpretare un poeta che ha sempre cercato di uscire dalle angustie di certo razionalismo dogmatico, con le lenti ermeneutiche di quel razionalismo medesimo del soggetto Berardinelli. Il metodo della conoscenza è imposto dall'oggetto, non dal soggetto...
Posso umilmente suggerire a Berardinelli un metodo empirico per entrare nella poesia dell'ultimo Luzi: leggerlo come si legga il Paradiso di Dante. Questo vale anche per i libri successivi a «Nel magma»: il libro «Su fondamenti invisibili» del 1971, ad esempio, o lo leggi con una certa disposizione d'animo (con quella apertura ragionevole, di cui parlavo sopra) o ti immergi nella spiritualità indiana, a cominciare da Aurobindo o lo capisci poco...
Infatti, a mio avviso, è un libro ancora da interpretare non solo in chiave psicanalitica.

(Ciao Alfonso, a parte queste mie discordanze con il contenuto del tuo articolo, mi sono trovato, in altre occasioni, in sintonia con i tuoi ragionamenti e ti stimo con sincerità virile e leale)...
                                                    
Andrea Margiotta   

Commenti

  1. "Leggendo l’articolo che domenica scorsa Carlo Ossola ha dedicato a Luzi sottolineandone il carattere di poeta morale e civile, mi sono venute in mente le mie precedenti impressioni. Se si escludono alcune zone della sua opera, Luzi tende a pensare troppo in grande, in generale e al cospetto dell’assoluto per essere un poeta propriamente morale e civile." Questo è un passaggio in cima all'articolo di Berardinelli...

    RispondiElimina
  2. Da questa apertura di Berardinelli, consegue logicamente che, per essere propriamente un poeta morale e civile, devi pensare in piccolo... Magari come qualche assessore...

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari