La fonte meravigliosa
Da un romanzo di Ayn Rand che scrisse anche la sceneggiatura (della quale il regista non era troppo entusiasta ma, altri tempi, non riuscì a scartarla) King Vidor, nel 1949, trasse questo film La fonte meravigliosa (tit. orig.The Fountainhead) che divide (molti estimatori e molti detrattori allo stesso tempo)… è la storia di un architetto che non accetta compromessi e che combatte per l’affermazione delle proprie idee (lavorando anche come operaio in una cava) e per la propria opera contro la moltitudine ottusa…
è la lotta della forza creativa e creatrice dell’individuo contro la collettività mediocre che vuole schiacciarlo…
è uno scontro di forze in campo in conflitto che talvolta si incontrano: la libertà assoluta della donna (Patricia Neal), il potere vuoto e illusorio del marito miliardario proprietario di un grande giornale (Raymond Massey), la demagogia intellettuale del critico di cose artistiche del giornale, che pensa di manovrare le persone come burattini e l’architetto (Gary Cooper) che è il genio che crede nella forza creativa dell’individuo come motore del mondo…
Nel film si sentono tracce culturali di Freud e di Nietszche e un esplicito anticollettivismo (e probabilmente anti-comunismo, se si pensa anche ai tempi) …
Personaggi più metafisici che etici, più astratti che incarnati: infatti, anche l’amore tra la Neal e Gary Cooper appare quasi di tipo ideale (anche se i due si innamorarono per davvero, nella vita reale)…
Questo è un po’ il limite del film: il fatto che i personaggi siano quasi allegorie un po’ schematiche e non persone in carne ed ossa con contraddizioni e sfumature, quasi per un intento didascalico e per la dimostrazione di una tesi…
Ma è di sicuro un film che prende e contagia per il piglio combattivo del protagonista, nella lotta per l’affermazione del suo desiderio di libertà creativa…
Da rivalutare e da far vedere a scuola…
è la lotta della forza creativa e creatrice dell’individuo contro la collettività mediocre che vuole schiacciarlo…
è uno scontro di forze in campo in conflitto che talvolta si incontrano: la libertà assoluta della donna (Patricia Neal), il potere vuoto e illusorio del marito miliardario proprietario di un grande giornale (Raymond Massey), la demagogia intellettuale del critico di cose artistiche del giornale, che pensa di manovrare le persone come burattini e l’architetto (Gary Cooper) che è il genio che crede nella forza creativa dell’individuo come motore del mondo…
Nel film si sentono tracce culturali di Freud e di Nietszche e un esplicito anticollettivismo (e probabilmente anti-comunismo, se si pensa anche ai tempi) …
Personaggi più metafisici che etici, più astratti che incarnati: infatti, anche l’amore tra la Neal e Gary Cooper appare quasi di tipo ideale (anche se i due si innamorarono per davvero, nella vita reale)…
Questo è un po’ il limite del film: il fatto che i personaggi siano quasi allegorie un po’ schematiche e non persone in carne ed ossa con contraddizioni e sfumature, quasi per un intento didascalico e per la dimostrazione di una tesi…
Ma è di sicuro un film che prende e contagia per il piglio combattivo del protagonista, nella lotta per l’affermazione del suo desiderio di libertà creativa…
Da rivalutare e da far vedere a scuola…
Fantastica recensione, me lo hanno consigliato ieri al Master di Bioarchitettura che sto seguendo.
RispondiEliminaho appena visto il film, mi sembra che la tua critica sia assolutamente pertinente. Lo consiglierò. Anche se apprezzo più l'intellettualismo che le ragioni del film. Apprezzo anche l'allegoria che non lascia scampo. Senza troppe sfumature .
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