La Divina Garbo...
A Mario Luzi piaceva la Garbo… In effetti, se penso a un volto femminile da associare alla poesia del Maestro fiorentino (anche mio...), non esiterei a scegliere quello – come disse R.Barthes in un suo saggio – di “neve e solitudine” della Divina Greta Lovisa Gustafsson in arte Garbo…
Un volto che metteva soggezione, come dichiarava Fellini…
Pur non essendo un fan della Garbo (anche per motivi generazionali) e pur preferendo altre bellezze come la stessa sua “rivale” Dietrich o la Bacall o Julie Christie o perfino bellezze tanto carnali quanto lei era algida, austera e aristocratica, come Pamela Anderson o Jenni Lo (Lopez…) , non posso negare di subire sempre e sistematicamente il suo strano, misteriosissimo e inquietante fascino tutte le volte che mi capita di guardare un suo film… C’è qualcosa nella Garbo che mi attrae e qualcosa che mi respinge… Sempre Barthes scrisse del viso della Garbo come espressione di un’Idea (platonica) e che “rappresenta quel momento fragile dove il cinema tira una bellezza esistenziale da una bellezza essenziale, dove l’archetipo inclina verso il fascino ambiguo di figure perenti, dove la luminosità delle essenze carnali cede il posto a una lirica della donna»… Un viso che riportava a qualcosa di mistico e sacrale ma che trascinava anche verso la perdizione…
Inutile soffermarsi sui cento aneddoti, veri o falsi, che la sua leggenda contribuì ad alimentare: dalle ambiguità sessuali all’isolamento protetto dai suoi amici miliardari, dalla dicotomia tra la persona reale e la Diva alle sue umili origini natali, dal suo senso di inadeguatezza, dal suo sottrarsi alla stampa, al suo precoce ritiro dalle scene…
Dopo il fiasco del suo film Non tradirmi con me di Cukor, del ’41, la Garbo a 36 anni abbandonò per sempre il set cinematografico: in verità, visionò a lungo copioni, (avrebbe voluto interpretare la parte di S.Francesco ma non se ne fece nulla); tuttavia, nonostante le richieste di tanti, compresi Bergman e il nostro Visconti, non tornò più sugli schermi… Una vita di buon ritiro ma anche di viaggi (sotto falso nome, per proteggere la privacy) e di yacht…
E tornando al suo viso, al suo bel volto da sfinge nordica, che diventa ancor più bello, a mio avviso, le poche volte che ride (come nel film Ninotchka di Lubitsch), cos’è che mi attrae e cosa mi respinge?
Mi attrae sicuramente quel misticismo, accentuato ancor più dalla fotografia dei tempi e dalla circonfusione di luce dei suoi primi piani, quella sacralità, quell’austerità aristocratica…
E cosa mi respinge? Forse quel tremendo senso di lontananza che suscita, dunque, una certa malinconia…
Il Dio della Bellezza a cui rimanda la Garbo è freddo e lontano, quasi disincarnato: una caratteristica della religione Protestante, con la nordica severità e rigidezza di rimando… Ed ecco che torna la Svezia, torna la neve e la solitudine che non può conciliarsi con il mio temperamento e carattere Mediterraneo, africano, californiano e con il mio rimbaudiano amore per il Sole…
Un volto che metteva soggezione, come dichiarava Fellini…
Pur non essendo un fan della Garbo (anche per motivi generazionali) e pur preferendo altre bellezze come la stessa sua “rivale” Dietrich o la Bacall o Julie Christie o perfino bellezze tanto carnali quanto lei era algida, austera e aristocratica, come Pamela Anderson o Jenni Lo (Lopez…) , non posso negare di subire sempre e sistematicamente il suo strano, misteriosissimo e inquietante fascino tutte le volte che mi capita di guardare un suo film… C’è qualcosa nella Garbo che mi attrae e qualcosa che mi respinge… Sempre Barthes scrisse del viso della Garbo come espressione di un’Idea (platonica) e che “rappresenta quel momento fragile dove il cinema tira una bellezza esistenziale da una bellezza essenziale, dove l’archetipo inclina verso il fascino ambiguo di figure perenti, dove la luminosità delle essenze carnali cede il posto a una lirica della donna»… Un viso che riportava a qualcosa di mistico e sacrale ma che trascinava anche verso la perdizione…
Inutile soffermarsi sui cento aneddoti, veri o falsi, che la sua leggenda contribuì ad alimentare: dalle ambiguità sessuali all’isolamento protetto dai suoi amici miliardari, dalla dicotomia tra la persona reale e la Diva alle sue umili origini natali, dal suo senso di inadeguatezza, dal suo sottrarsi alla stampa, al suo precoce ritiro dalle scene…
Dopo il fiasco del suo film Non tradirmi con me di Cukor, del ’41, la Garbo a 36 anni abbandonò per sempre il set cinematografico: in verità, visionò a lungo copioni, (avrebbe voluto interpretare la parte di S.Francesco ma non se ne fece nulla); tuttavia, nonostante le richieste di tanti, compresi Bergman e il nostro Visconti, non tornò più sugli schermi… Una vita di buon ritiro ma anche di viaggi (sotto falso nome, per proteggere la privacy) e di yacht…
E tornando al suo viso, al suo bel volto da sfinge nordica, che diventa ancor più bello, a mio avviso, le poche volte che ride (come nel film Ninotchka di Lubitsch), cos’è che mi attrae e cosa mi respinge?
Mi attrae sicuramente quel misticismo, accentuato ancor più dalla fotografia dei tempi e dalla circonfusione di luce dei suoi primi piani, quella sacralità, quell’austerità aristocratica…
E cosa mi respinge? Forse quel tremendo senso di lontananza che suscita, dunque, una certa malinconia…
Il Dio della Bellezza a cui rimanda la Garbo è freddo e lontano, quasi disincarnato: una caratteristica della religione Protestante, con la nordica severità e rigidezza di rimando… Ed ecco che torna la Svezia, torna la neve e la solitudine che non può conciliarsi con il mio temperamento e carattere Mediterraneo, africano, californiano e con il mio rimbaudiano amore per il Sole…
andrea margiotta
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