PENSIERI STUPENDI
1) ROMA CAPOCCIA E BISBOCCIA 1
A Roma torna la FESTA DEL CINEMA: scusate, potete spiegarmi che cazzo c’è da festeggiare?
Vogliamo chiamar Tarantino a fare un po’ di casino?
Il cinema italiano è morto da un bel po’, tranne qualche lampo, ogni tanto …
Il Ministero spesso finanzia films di scarso interesse culturale o, peggio, altri che nemmeno escono al cinema … Se uno scrive un soggetto su Dante Alighieri, o semplicemente un soggetto un po’ più sofisticato del prodotto medio, deve sperare in un miracolo, o in un finanziatore privato benemerito …
Il trucchetto di certi pseudo-produttori è farsi dare i soldi dallo Stato (cioè da noi) o dalle Tv e poi, chi si è visto s’è visto … Se il film diventa un successo commerciale, tanto di guadagnato (per loro …) . Se non esce neppure al cinema, non trovando un distributore, comunque si sono avuti li sordi …
Un produttore vero, invece, dovrebbe essere uno che rischia, investe (come un vero imprenditore) …
E lo Stato, invece, dovrebbe proteggere e finanziare i prodotti di qualità (con commissioni meno politiche e più specializzate)…
Cioè, ci dovrebbero essere prodotti diversificati: films di qualità e films commerciali …
Invece in Italia si ragiona per interessi di parte … Interessi politico-economici …
Oppure il solito menefreghismo e il vivacchiare pigro che non cambia mai …
Io vorrei che si ragionasse in termini di libertà: la libertà dei cittadini di andare a vedere un film commerciale o di provare con qualcosa di più impegnativo e sofisticato …
Libertà per l’arte, dunque, in primis, senza togliere libertà al commercio (solo limitare il Far Mal o il Far West di certi comportamenti, magari riportandoli al vero e più nobile significato del Genere come Mito e Libertà e Avventura) …
Si chiama: coscienza civile, necessaria ad una vera comunità che non sia solo composta da gente che annaffi il proprio orticello …
Se tutti fanno il proprio interesse, chi farà l’interesse di tutti?
Perché dobbiamo diventare necessariamente la cloaca solo dei prodotti USA? (paese dove però convivono cinema industriale e cinema di qualità, spesso con interscambi …) … Siete voluti entrare in Europa? E allora prendete esempio dall’Europa, a cominciare dalla Francia che i suoi prodotti nazionali, spesso di qualità, sa difenderli bene …
Basta con i films televisivi che sono solo manfrine sentimentali in confezione accattivante o da spot, innocui, che cavalcano le mode, trendy, politicamente corretti e che servono semmai a titillare la media o alta borghesia che poi ne parla superficialmente in qualche salottino o festa …
Bisognerebbe rispettare la passione e il lavoro di quei distributori grazie ai quali, ad ottobre, potrò vedere Angel di Ozon, che certo non sarà la solita cazzata Usa o di certo cinema italiano …
E che fanno una fatica bestia per cercare di far valere la qualità nella settima arte … (Come del resto i piccoli editori, nel settore libri …)
La mia è una freccia avvelenata scagliata contro una mentalità ammazza-cinema e ammazza-arte…
La mia è una difesa come quella dei samurai contro i briganti nel capolavoro “I Sette samurai” di Kurosawa …
La mia è una difesa anche delle case di distribuzione indipendenti che vogliano vendere films non USA o Non italo-televisivi e si sentono rispondere picche da gestori di sale o dalle Tv …
Ognuno ha la cultura che si merita (però ci sono anche le tristi conseguenze, nella vita di tutti i giorni …): fate pure a pezzi il nostro grande italico passato e bevetevi i prossimi “capolavori” al cine …
Chi ci guadagnerà? Non certo tu, popolo bue, ma qualche “genio” che comprerà qualche casa o auto sportiva in più, gongolandosi di averlo, ancora una volta, messo in quel posto a tutti … è il Paese dei furbi, no?
Ma lo Stato non deve fare gli interessi (o il gioco) di qualche produttore medio-piccolo o di qualche politico o di qualche furbacchione … Lo Stato deve fare gli interessi dei cittadini, almeno in una democrazia che invece somiglia tanto ad un regime oligarchico …
C’è una via di mezzo tra uno Stato soffocante e uno Stato menefreghista o in vacanza …
Liberalismo è anche possibilità d’esser liberi per un bene che non può essere solo economico (dei pochi) …
Il cinema italiano è un cadavere: l’ha ucciso anche il controllo politico … (fate una telefonata a Dino DeLaurentiis negli Usa, e se non vi manda al diavolo, vi saprà dire qualcosa di ragionevole su come sia stato possibile che l’Italia, negli anni ’50 – ’60 una delle maggiori cinematografie mondiali, sia oggi una delle peggiori) …
Se per voi un funerale è una festa … Se per voi si risolve tutto con le feste o il glamour o le domande sceme di qualche giornalista del gossip (quelli odiati da Lucio Battisti) …
No, bisogna lavorare per bene, con intelligenza e impegno, ascoltare produttori, registi, attori, sceneggiatori, quelli che il cinema lo fanno, provare a risolvere i problemi, creare strutture, aprire scuole di cinema serie e non sganciate dal mondo del lavoro, studiare il rapporto con la televisione e pensare a leggi che portino alla qualità; pensare ad una legge, come in Francia, che garantisca una certa diversificazione del prodotto nelle Multisale, invogliare finanziatori privati o industrie con de -tassazioni o altro per films di qualità; regolamentare certi comportamenti da far-west e la distribuzione, parlare con i gestori delle sale, aprirsi a una mentalità internazionale, studiare un po’ i sistemi dei paesi europei (o anche USA) riguardo alle cose di cultura … Insomma, ci saranno pure dei consulenti veri e preparati? … E non solo merendinati …
Lo scopo è quello di ri-avviare la macchina cinema … E realizzare films belli, originali, magari anche un po’ sofisticati e un po’ diversi dal prodotto medio da tv generalista …
L’unico motivo per cui uno possa voler andare al cinema: oppure films avvincenti come “Romanzo criminale” o divertenti come quelli comici o autenticamente popolari come fu il “Dottor Zivago” che ancora prende …
Ma non quei prodotti informi e inutili …
Insomma: agire come in Danimarca o in Spagna o in Francia mica come su Marte o Giove …
Ho visto dei bei films messicani, ultimamente: e il Messico non è certo una potenza economica …
Da noi, mancano le storie, la capacità di raccontarle o inventarle; manca lo sguardo poetico; manca la capacità allusiva o metaforica, quella di certi registi russi o orientali … (Tra Corea, Cina e Hong Kong, Giappone è un fiorire di talenti o di belle conferme …) …
Vogliamo chiamar Tarantino a fare un po’ di casino?
Il cinema italiano è morto da un bel po’, tranne qualche lampo, ogni tanto …
Il Ministero spesso finanzia films di scarso interesse culturale o, peggio, altri che nemmeno escono al cinema … Se uno scrive un soggetto su Dante Alighieri, o semplicemente un soggetto un po’ più sofisticato del prodotto medio, deve sperare in un miracolo, o in un finanziatore privato benemerito …
Il trucchetto di certi pseudo-produttori è farsi dare i soldi dallo Stato (cioè da noi) o dalle Tv e poi, chi si è visto s’è visto … Se il film diventa un successo commerciale, tanto di guadagnato (per loro …) . Se non esce neppure al cinema, non trovando un distributore, comunque si sono avuti li sordi …
Un produttore vero, invece, dovrebbe essere uno che rischia, investe (come un vero imprenditore) …
E lo Stato, invece, dovrebbe proteggere e finanziare i prodotti di qualità (con commissioni meno politiche e più specializzate)…
Cioè, ci dovrebbero essere prodotti diversificati: films di qualità e films commerciali …
Invece in Italia si ragiona per interessi di parte … Interessi politico-economici …
Oppure il solito menefreghismo e il vivacchiare pigro che non cambia mai …
Io vorrei che si ragionasse in termini di libertà: la libertà dei cittadini di andare a vedere un film commerciale o di provare con qualcosa di più impegnativo e sofisticato …
Libertà per l’arte, dunque, in primis, senza togliere libertà al commercio (solo limitare il Far Mal o il Far West di certi comportamenti, magari riportandoli al vero e più nobile significato del Genere come Mito e Libertà e Avventura) …
Si chiama: coscienza civile, necessaria ad una vera comunità che non sia solo composta da gente che annaffi il proprio orticello …
Se tutti fanno il proprio interesse, chi farà l’interesse di tutti?
Perché dobbiamo diventare necessariamente la cloaca solo dei prodotti USA? (paese dove però convivono cinema industriale e cinema di qualità, spesso con interscambi …) … Siete voluti entrare in Europa? E allora prendete esempio dall’Europa, a cominciare dalla Francia che i suoi prodotti nazionali, spesso di qualità, sa difenderli bene …
Basta con i films televisivi che sono solo manfrine sentimentali in confezione accattivante o da spot, innocui, che cavalcano le mode, trendy, politicamente corretti e che servono semmai a titillare la media o alta borghesia che poi ne parla superficialmente in qualche salottino o festa …
Bisognerebbe rispettare la passione e il lavoro di quei distributori grazie ai quali, ad ottobre, potrò vedere Angel di Ozon, che certo non sarà la solita cazzata Usa o di certo cinema italiano …
E che fanno una fatica bestia per cercare di far valere la qualità nella settima arte … (Come del resto i piccoli editori, nel settore libri …)
La mia è una freccia avvelenata scagliata contro una mentalità ammazza-cinema e ammazza-arte…
La mia è una difesa come quella dei samurai contro i briganti nel capolavoro “I Sette samurai” di Kurosawa …
La mia è una difesa anche delle case di distribuzione indipendenti che vogliano vendere films non USA o Non italo-televisivi e si sentono rispondere picche da gestori di sale o dalle Tv …
Ognuno ha la cultura che si merita (però ci sono anche le tristi conseguenze, nella vita di tutti i giorni …): fate pure a pezzi il nostro grande italico passato e bevetevi i prossimi “capolavori” al cine …
Chi ci guadagnerà? Non certo tu, popolo bue, ma qualche “genio” che comprerà qualche casa o auto sportiva in più, gongolandosi di averlo, ancora una volta, messo in quel posto a tutti … è il Paese dei furbi, no?
Ma lo Stato non deve fare gli interessi (o il gioco) di qualche produttore medio-piccolo o di qualche politico o di qualche furbacchione … Lo Stato deve fare gli interessi dei cittadini, almeno in una democrazia che invece somiglia tanto ad un regime oligarchico …
C’è una via di mezzo tra uno Stato soffocante e uno Stato menefreghista o in vacanza …
Liberalismo è anche possibilità d’esser liberi per un bene che non può essere solo economico (dei pochi) …
Il cinema italiano è un cadavere: l’ha ucciso anche il controllo politico … (fate una telefonata a Dino DeLaurentiis negli Usa, e se non vi manda al diavolo, vi saprà dire qualcosa di ragionevole su come sia stato possibile che l’Italia, negli anni ’50 – ’60 una delle maggiori cinematografie mondiali, sia oggi una delle peggiori) …
Se per voi un funerale è una festa … Se per voi si risolve tutto con le feste o il glamour o le domande sceme di qualche giornalista del gossip (quelli odiati da Lucio Battisti) …
No, bisogna lavorare per bene, con intelligenza e impegno, ascoltare produttori, registi, attori, sceneggiatori, quelli che il cinema lo fanno, provare a risolvere i problemi, creare strutture, aprire scuole di cinema serie e non sganciate dal mondo del lavoro, studiare il rapporto con la televisione e pensare a leggi che portino alla qualità; pensare ad una legge, come in Francia, che garantisca una certa diversificazione del prodotto nelle Multisale, invogliare finanziatori privati o industrie con de -tassazioni o altro per films di qualità; regolamentare certi comportamenti da far-west e la distribuzione, parlare con i gestori delle sale, aprirsi a una mentalità internazionale, studiare un po’ i sistemi dei paesi europei (o anche USA) riguardo alle cose di cultura … Insomma, ci saranno pure dei consulenti veri e preparati? … E non solo merendinati …
Lo scopo è quello di ri-avviare la macchina cinema … E realizzare films belli, originali, magari anche un po’ sofisticati e un po’ diversi dal prodotto medio da tv generalista …
L’unico motivo per cui uno possa voler andare al cinema: oppure films avvincenti come “Romanzo criminale” o divertenti come quelli comici o autenticamente popolari come fu il “Dottor Zivago” che ancora prende …
Ma non quei prodotti informi e inutili …
Insomma: agire come in Danimarca o in Spagna o in Francia mica come su Marte o Giove …
Ho visto dei bei films messicani, ultimamente: e il Messico non è certo una potenza economica …
Da noi, mancano le storie, la capacità di raccontarle o inventarle; manca lo sguardo poetico; manca la capacità allusiva o metaforica, quella di certi registi russi o orientali … (Tra Corea, Cina e Hong Kong, Giappone è un fiorire di talenti o di belle conferme …) …
O forse non è che manchino: sta che non arrivano in porto ...
Ci si deve rimboccare le maniche come operai, quelli che, una volta, ai comunisti piacevano tanto …
E non solo buttare tanti soldi (dei cittadini) per fare un doppione a ridosso del Festival di Venezia, per far rifulgere la gloria dei politici che sappiamo già … Il consenso si deve creare con i fatti, non con i lustrini e le passerelle …
Se ci sarà da festeggiare, poi, festeggeremo …
Ci si deve rimboccare le maniche come operai, quelli che, una volta, ai comunisti piacevano tanto …
E non solo buttare tanti soldi (dei cittadini) per fare un doppione a ridosso del Festival di Venezia, per far rifulgere la gloria dei politici che sappiamo già … Il consenso si deve creare con i fatti, non con i lustrini e le passerelle …
Se ci sarà da festeggiare, poi, festeggeremo …
2) ROMA CAPOCCIA E BISBOCCIA 2
A Roma torna Roma-poesia: Roma c’è… E la poesia? …
Spottone per la neo-avanguardia e similia più qualche intruso... E Vabbé, pazienza ... Possiamo restare amici lo stesso, no? Certo, con qualche apertura in più, da parte vostra ...
Stupitemi ... I sono un uomo che abbraccia, dialoga, incontra ... E voi?
Sentite il titolo di questo articolo di Massimo Gezzi che incontrò Sanguineti: «A me della poesia importa pochissimo» Atelier, 2003 ...
Be', che ti importasse pochissimo della poesia ce ne eravamo accorti, caro vecchio Edoardo, materialista storico: te lo avevamo sempre detto ...
Però almeno tu conservi una tua coerenza e intelligenza, almeno non ti sei riciclato e riverniciato come altri ex che non sanno più dove andare se non 'ndo se magna ...
3) DIALOGHETTO SUL PONTE VECCHIO
3) DIALOGHETTO SUL PONTE VECCHIO
- “ Che Tu la conosci la Biagini?” - dice il Lapo – “E chi l’è?” – fa il Leo … - “L’è una che parla tanto d’OVA” – ridice -“ Una gallina?” - (stupito) – “Ma no!!! L’è una poetessa affamata
Che ’un ti fa una poesia ma una frittata!!!” ...
- “E l’OVA, - O Lapo – L’OVA indo le piglia?”
- O che se’ grullo! Dal culo dello Struzzo:
’un tu lo senti il puzzo? - …
Che ’un ti fa una poesia ma una frittata!!!” ...
- “E l’OVA, - O Lapo – L’OVA indo le piglia?”
- O che se’ grullo! Dal culo dello Struzzo:
’un tu lo senti il puzzo? - …
4)
POESIA COME NOMEN
Massimo Sannelli … L’ho ascoltato leggere un suo testo, in mp3 … Ma conosco un po’ anche altri suoi lavori poetici … La sua poesia, letta, mi ha fatto venire in mente una canzone di Fabrizio De André e non solo perché si nominava Rimini …
Una poesia letta bene, una poesia di sinistro e un po’ inquietante fascino …
Sicuramente i testi di Sannelli guadagnano nell’esecuzione orale-vocale …
Ma poi? Poi scopri che non vuol dire assolutamente un cazzo e che ognuno può proiettarci quel che sente o desidera, oppure niente … E questo vale per tanti altri suoi testi: che sono semplici suoni de-semantizzati, svuotati e accostati a effetto, in un procedere spesso tautologico, ossimorico, a chiasmi, spesso negante, utilizzando un linguaggio cripto-mistico ma senza più l’oggetto d’amore dei mistici … Il mondo, l’Altro da sé, si risolve tutto nelle movenze del linguaggio … Tutto è già accaduto e scritto, non c’è più sorpresa o imprevisto … Dio è il linguaggio … C’è tutta una serie di rimandi culti che giocano a nascondino e si rincorrono: gli esperimenti di un filologo svegliatosi male …
Non bastano gli sforzi intellettuali del compare di ricerca poetica Marco Giovenale per convincermi che
“e aprire sempre e collegare, sia così, collegare, legare proprio.” – tanto per citare un verso tra i tanti possibili e, stranamente, intercambiabili – possa comunicarmi un’emozione o un salto dell’immaginazione o un passo in più di conoscenza … Di bellezza dei versi, poi, non parliamone neppure: in arte oggi la Bellezza pare sia stata rinchiusa in cantina, in punizione …
Dimenticandone il valore e l’importanza per la costruzione della personalità o di una comunità o civiltà d’anime … Quella di Sannelli
è una lingua virtuale, quasi sempre in potenza, come Internet … La realtà non esiste … Quel che si riflette è lo stesso specchio con un altro specchio, in un gioco di fonemi (come nel verso citato) …
Non c’è vero dolore, non c’è patire …
Non c’è la violenza dei mistici che piacciono a me: la violenza delle passioni e dell’amore …
O l’agonismo, il corpo a corpo con Dio (si pensi a Testori ) …
Forse, il mio disagio è quello d’essere un poeta più affascinato dall’ Incarnazione – il Divino che entra nella carne – Il Verbo che si fa carne – come unica possibilità di redenzione e di Non-morte,
che dal Misticismo che è più una specie di annullarsi in Dio …
Per questo motivo adoro Caravaggio …
Nell’ambito di una scrittura – diciamo così – mistica, nei più giovani italiani, confesso la mia maggiore sintonia con una Cera Rosco più che con un Sannelli; nel secondo,
tutto è fin troppo pacificato nella Scrittura che agisce autonomamente, autoriflette per piccoli movimenti tra lapsus, sdoppiamenti in continua partenogenesi …
E in Sannelli che pena, invece, per me – sentir rivisitati in una maniera più mistificante che mistica – certi topoi del Medioevo, senza la dolce freschezza e l’alta fantasia dei testi originali … Ciò che è ancor vivo – nonostante il tempo - del Medioevo viene rimasticato, depotenziato, sul tavolo operatorio, e restituito morto, freddo, inerte … (preferirei quasi di più certe rivisitazioni parodiche di Berisso, sempre in ambito neo-avanguardista, più energiche e materiche ) …
Ma quello di Sannelli è il solito gioco di stampo neo-avanguardista con infusioni di rimemorazioni lontane della latinità medioevale, più qualche teorico onanista francese in appoggio: una mistica del Nulla, più buddista che cristiana … Provate a confrontarlo (senza complessi di stature, ovviamente differenti) con l’Ungaretti mistico-barocco e notturno degli Inni…
Lì c’è il vero mistico (e c’è il poeta…), benché un po’ teatralizzato ed esibito … Ma lì c’è e si sente, si prova emozione, partecipazione: il LETTORE legge e succede, accade qualcosa …
Il Lettore fa l’evento poetico …
Che cosa succede quando uno legge Sannelli? Lo chiedo in serena libertà ai suoi estimatori … Quante particelle del proprio essere si scuotono, si muovono, si agitano? Anche se ormai – noi della generazione X siamo diventati come automi che rispondano a sollecitazioni di ritmo (si pensi all’atmosfera, un po’ inebetita o drogata, in discoteca) … E la poesia è ritmo certo, linguaggio ma anche molto d’altro …
Mi profonderei volentieri nei testi di Sannelli, ma sono respinto a priori: sento che c’è qualcosa che non funziona a monte, troppi filtri, schermi: c’è un trucco ab-origine … Non avverto le VERE PRESENZE (tanto per citare Steiner) …
Sannelli si è cucita addosso questa specie di malattia dell’anima e della comunicazione, senza averne assolutamente bisogno … Si è travestito da problematico e pensosissimo intellettuale: ed è un vero peccato, e la mia sensibilità di poeta che riconosce, a vista, un altro poeta dalla vocazione pura, un po’ ne soffre …
Riporto queste frasi di Berardinelli che dice: L’affermazione di Yeats secondo cui “tutta la grande letteratura è fatta di simboli” deve essere integrata e letta alla luce dell’altra che dice: “La buona letteratura è un po’ simile alla storia narrata da una vecchia comare”. Grande letteratura non è dunque possibile in mancanza di un genuino senso della concretezza linguistica, della lingua parlata e perfino di un certo sapore locale.
Cortellessa, Andreone: che ne pensi? Che ne pensava Shakespeare?
Dicevo di Sannelli: lo hanno “rovinato” letture e maestri sbagliati: ha scelto una linea progettuale che provoca orgasmini in certi critici (spesso accademici) amanti dello pseudo-difficile, oscuro, ricercato, snob … Amanti della filologia e della linguistica più che dell’estetica e della poesia …
Mi fa pensare a certe cose che scriveva Viviani negli anni 70 e che, per fortuna, il senese ha presto abbandonato, (pena: l’afasia), cambiando completamente direzione di ricerca …
La voce di Sannelli che legge è quella di un fantasma, di un ectoplasma o di uno zombie …
L’IO lirico, mi pare non compaia mai, nemmeno indirettamente attraverso il TU della tradizione mistica e della lirica d’amore (tu, che invece è una mia costante in sede poetica) …
Senza IO, senza TU senza Noi o Voi: una poesia senza rapporti … Irrelata, autosufficiente, autoreferenziale …
Massimo Sannelli … L’ho ascoltato leggere un suo testo, in mp3 … Ma conosco un po’ anche altri suoi lavori poetici … La sua poesia, letta, mi ha fatto venire in mente una canzone di Fabrizio De André e non solo perché si nominava Rimini …
Una poesia letta bene, una poesia di sinistro e un po’ inquietante fascino …
Sicuramente i testi di Sannelli guadagnano nell’esecuzione orale-vocale …
Ma poi? Poi scopri che non vuol dire assolutamente un cazzo e che ognuno può proiettarci quel che sente o desidera, oppure niente … E questo vale per tanti altri suoi testi: che sono semplici suoni de-semantizzati, svuotati e accostati a effetto, in un procedere spesso tautologico, ossimorico, a chiasmi, spesso negante, utilizzando un linguaggio cripto-mistico ma senza più l’oggetto d’amore dei mistici … Il mondo, l’Altro da sé, si risolve tutto nelle movenze del linguaggio … Tutto è già accaduto e scritto, non c’è più sorpresa o imprevisto … Dio è il linguaggio … C’è tutta una serie di rimandi culti che giocano a nascondino e si rincorrono: gli esperimenti di un filologo svegliatosi male …
Non bastano gli sforzi intellettuali del compare di ricerca poetica Marco Giovenale per convincermi che
“e aprire sempre e collegare, sia così, collegare, legare proprio.” – tanto per citare un verso tra i tanti possibili e, stranamente, intercambiabili – possa comunicarmi un’emozione o un salto dell’immaginazione o un passo in più di conoscenza … Di bellezza dei versi, poi, non parliamone neppure: in arte oggi la Bellezza pare sia stata rinchiusa in cantina, in punizione …
Dimenticandone il valore e l’importanza per la costruzione della personalità o di una comunità o civiltà d’anime … Quella di Sannelli
è una lingua virtuale, quasi sempre in potenza, come Internet … La realtà non esiste … Quel che si riflette è lo stesso specchio con un altro specchio, in un gioco di fonemi (come nel verso citato) …
Non c’è vero dolore, non c’è patire …
Non c’è la violenza dei mistici che piacciono a me: la violenza delle passioni e dell’amore …
O l’agonismo, il corpo a corpo con Dio (si pensi a Testori ) …
Forse, il mio disagio è quello d’essere un poeta più affascinato dall’ Incarnazione – il Divino che entra nella carne – Il Verbo che si fa carne – come unica possibilità di redenzione e di Non-morte,
che dal Misticismo che è più una specie di annullarsi in Dio …
Per questo motivo adoro Caravaggio …
Nell’ambito di una scrittura – diciamo così – mistica, nei più giovani italiani, confesso la mia maggiore sintonia con una Cera Rosco più che con un Sannelli; nel secondo,
tutto è fin troppo pacificato nella Scrittura che agisce autonomamente, autoriflette per piccoli movimenti tra lapsus, sdoppiamenti in continua partenogenesi …
E in Sannelli che pena, invece, per me – sentir rivisitati in una maniera più mistificante che mistica – certi topoi del Medioevo, senza la dolce freschezza e l’alta fantasia dei testi originali … Ciò che è ancor vivo – nonostante il tempo - del Medioevo viene rimasticato, depotenziato, sul tavolo operatorio, e restituito morto, freddo, inerte … (preferirei quasi di più certe rivisitazioni parodiche di Berisso, sempre in ambito neo-avanguardista, più energiche e materiche ) …
Ma quello di Sannelli è il solito gioco di stampo neo-avanguardista con infusioni di rimemorazioni lontane della latinità medioevale, più qualche teorico onanista francese in appoggio: una mistica del Nulla, più buddista che cristiana … Provate a confrontarlo (senza complessi di stature, ovviamente differenti) con l’Ungaretti mistico-barocco e notturno degli Inni…
Lì c’è il vero mistico (e c’è il poeta…), benché un po’ teatralizzato ed esibito … Ma lì c’è e si sente, si prova emozione, partecipazione: il LETTORE legge e succede, accade qualcosa …
Il Lettore fa l’evento poetico …
Che cosa succede quando uno legge Sannelli? Lo chiedo in serena libertà ai suoi estimatori … Quante particelle del proprio essere si scuotono, si muovono, si agitano? Anche se ormai – noi della generazione X siamo diventati come automi che rispondano a sollecitazioni di ritmo (si pensi all’atmosfera, un po’ inebetita o drogata, in discoteca) … E la poesia è ritmo certo, linguaggio ma anche molto d’altro …
Mi profonderei volentieri nei testi di Sannelli, ma sono respinto a priori: sento che c’è qualcosa che non funziona a monte, troppi filtri, schermi: c’è un trucco ab-origine … Non avverto le VERE PRESENZE (tanto per citare Steiner) …
Sannelli si è cucita addosso questa specie di malattia dell’anima e della comunicazione, senza averne assolutamente bisogno … Si è travestito da problematico e pensosissimo intellettuale: ed è un vero peccato, e la mia sensibilità di poeta che riconosce, a vista, un altro poeta dalla vocazione pura, un po’ ne soffre …
Riporto queste frasi di Berardinelli che dice: L’affermazione di Yeats secondo cui “tutta la grande letteratura è fatta di simboli” deve essere integrata e letta alla luce dell’altra che dice: “La buona letteratura è un po’ simile alla storia narrata da una vecchia comare”. Grande letteratura non è dunque possibile in mancanza di un genuino senso della concretezza linguistica, della lingua parlata e perfino di un certo sapore locale.
Cortellessa, Andreone: che ne pensi? Che ne pensava Shakespeare?
Dicevo di Sannelli: lo hanno “rovinato” letture e maestri sbagliati: ha scelto una linea progettuale che provoca orgasmini in certi critici (spesso accademici) amanti dello pseudo-difficile, oscuro, ricercato, snob … Amanti della filologia e della linguistica più che dell’estetica e della poesia …
Mi fa pensare a certe cose che scriveva Viviani negli anni 70 e che, per fortuna, il senese ha presto abbandonato, (pena: l’afasia), cambiando completamente direzione di ricerca …
La voce di Sannelli che legge è quella di un fantasma, di un ectoplasma o di uno zombie …
L’IO lirico, mi pare non compaia mai, nemmeno indirettamente attraverso il TU della tradizione mistica e della lirica d’amore (tu, che invece è una mia costante in sede poetica) …
Senza IO, senza TU senza Noi o Voi: una poesia senza rapporti … Irrelata, autosufficiente, autoreferenziale …
E direi anche - richiamandomi a un preciso riferimento culturale nelle dispute dei medioevali sugli universali, continuate poi anche nella modernità - filosoficamente Nominalistica, tra Roscellino e Guglielmo d’OCKHAM ...
Tempo fa, dissi che Sannelli era un poeta nato morto (una coincidenza, uno scherzetto del destino che lui e Giovenale pubblichino presso La camera verde che è anche il titolo del film più necrofilo del mio carissimo Truffaut?), come se fosse stato fatto a pezzi da un uccello rapace e poi disseminato nel testo in brandelli minimi di spazi metrici: ovviamente una battuta senza nessuna intenzione di offendere la persona … E molti – abituati ai complimentini e ai baci e abbracci nei blog (non so quanto veri) – hanno subito manifestato il loro finto scandalo e il loro moralismo da quattro soldi …
Non capendo che, con quella boutade, volevo soltanto dire che Sannelli – come i morti, anzi più dei morti – aveva rinunciato alla poesia come comunicazione (o alla proiezione immaginativa-visionaria ) di senso, come figuralità, come confidenza, come cordialità … Aveva rinunciato a molto della realtà, a molto del mondo, per uno strano ombreggiare epilettico, alquanto letterario, analitico, spesso astratto e intellettuale, di morte … Appunto: i testi di Sannelli sono pallide incursioni della morte nella vita, cortocircuiti ma senza l’energia o la follia di Amelia Rosselli …
Ma allora, perché scrivere? Il foglio bianco o il silenzio non risulterebbero tanto più espressivi, come linguaggio di una Non-Vita?
POESIA COME SGUARDO SULLE COSE
Non capendo che, con quella boutade, volevo soltanto dire che Sannelli – come i morti, anzi più dei morti – aveva rinunciato alla poesia come comunicazione (o alla proiezione immaginativa-visionaria ) di senso, come figuralità, come confidenza, come cordialità … Aveva rinunciato a molto della realtà, a molto del mondo, per uno strano ombreggiare epilettico, alquanto letterario, analitico, spesso astratto e intellettuale, di morte … Appunto: i testi di Sannelli sono pallide incursioni della morte nella vita, cortocircuiti ma senza l’energia o la follia di Amelia Rosselli …
Ma allora, perché scrivere? Il foglio bianco o il silenzio non risulterebbero tanto più espressivi, come linguaggio di una Non-Vita?
POESIA COME SGUARDO SULLE COSE
Prendiamo invece una bella poesia di Gianfranco Lauretano – quella che comincia “Ho quarant’anni/domani mi sveglierò” … tratta dal suo ultimo libro “Occorreva che nascessi” …
La quale contiene, come una memoria dolce, il soffio di un altro bel testo di Davide Rondoni che cominciava con “io non voglio diventare vecchio …” …
Una poesia semplice e tesa, come certi alberi che ramificano verso il cielo …
Una poesia che potrebbe sembrare anche facile, semplice, che potrebbe far storcere il naso (o il nasone) a certi critici o poeti snob o ai sacerdoti-farisei delle Lettere o ai tromboni di certe Accademie polverose, o a giovani ricercatori con alambicco, o a certe poetesse che rispondono al telefono come dall’Ade … Ma che non lascerebbe, di sicuro, indifferente un operaio o un meccanico di biciclette o un piccolo travet che impari, giorno per giorno, il mestiere di vivere, che torni a casa dai suoi figli e li guardi negli occhi … Il popolo, El pueblo …
Quella di Lauretano è un' esperienza di respiro e d’amore, ma d’amore offerto in dono senza pretese, umile ma non umiliato, amore che guarda all’azzurro, al profilo dolce dei colli ma anche alla dura quotidianità del vivere … Concreto, reale, umanissimo, lieto e pietoso … Come quello di un giardiniere che annaffi con pazienza la sua piantina, giorno per giorno, e si stupisca, meravigliando di certi fiori …
E Lauretano non è certo uno che non abbia molte letture o sapienza stilistica alle spalle, non è un improvvisatore o un naif … La sua è una conquistata tesa fermezza e chiarezza di dettato, nel confronto specie con i poeti russi … Deve aver vissuto molto, e amato …
5) UN BACIO
La quale contiene, come una memoria dolce, il soffio di un altro bel testo di Davide Rondoni che cominciava con “io non voglio diventare vecchio …” …
Una poesia semplice e tesa, come certi alberi che ramificano verso il cielo …
Una poesia che potrebbe sembrare anche facile, semplice, che potrebbe far storcere il naso (o il nasone) a certi critici o poeti snob o ai sacerdoti-farisei delle Lettere o ai tromboni di certe Accademie polverose, o a giovani ricercatori con alambicco, o a certe poetesse che rispondono al telefono come dall’Ade … Ma che non lascerebbe, di sicuro, indifferente un operaio o un meccanico di biciclette o un piccolo travet che impari, giorno per giorno, il mestiere di vivere, che torni a casa dai suoi figli e li guardi negli occhi … Il popolo, El pueblo …
Quella di Lauretano è un' esperienza di respiro e d’amore, ma d’amore offerto in dono senza pretese, umile ma non umiliato, amore che guarda all’azzurro, al profilo dolce dei colli ma anche alla dura quotidianità del vivere … Concreto, reale, umanissimo, lieto e pietoso … Come quello di un giardiniere che annaffi con pazienza la sua piantina, giorno per giorno, e si stupisca, meravigliando di certi fiori …
E Lauretano non è certo uno che non abbia molte letture o sapienza stilistica alle spalle, non è un improvvisatore o un naif … La sua è una conquistata tesa fermezza e chiarezza di dettato, nel confronto specie con i poeti russi … Deve aver vissuto molto, e amato …
5) UN BACIO
Ogni tanto passo dal Piper, oggi una normale disco ... E penso ai tempi in cui si facevano i concerti e si potevano incontrare la Bardot o Marlon Brando ... (ed io non ero neppure nato) ...
E poi sei arrivata tu, mia bellissima e aristocratica ...
Patty Pravo è stupendamente fantastica con quella eleganza un po' snob che amo: una che disse no ai Fellini e Antonioni che la volevano anche per il cinema …
Mica come certe sgallettate di oggi che direbbero sì pure al regista più burino de Centocelle ...
Peccato, peccato che la vita non ci abbia fatto incontrare: avrei scritto molte e belle canzoni per lei … O reine ...
ANDREA MARGIOTTA
ANDREA MARGIOTTA
"Che cosa succede quando uno legge Sannelli? Lo chiedo in serena libertà ai suoi estimatori..."
RispondiEliminaLei domanda e Daino risponde. E non so se dovrei, ma ascolto il mio orecchio interno - e seguo quel che sento.
Io stimo Massimo Sannelli.
Un punto fermo che esclude ogni parentesi (divergenze, incomprensioni passate, diverse prospettive,...). Perché? E'opportuno sottolineare che la mia parola o-Stile è cosa altra (a tratti: opposta) alla cifra tracciata da Massimo. E questo per evitare il solito "compiacere i propri simili" e nuotare/notare solo correnti che sono: "tirare acqua al proprio mulino".
"Leggere Sannelli" e "intelleggere" Sannelli non è uguale: è un'equazione che dipende da fattori variabili. La vita, la carne, l'emozione declinata, il mito e la mistica, la polvere e la nota di dolore - pulsano nel guscio di una metrica perfetta.
E non si osanna (non sono il tipo): si constata. Al di là del gusto (e mi ripeto: infinite volte con Sannelli si è detto che "non scriveremmo un verso l'uno dell'altra") e del con-sentire personali.
E'una questione di livello: la livella dei blog, della rete unificata - sfocia spesso nell'aut aut "tutto è Arte, nulla è Arte".
Per questo credo sia giusto (al di là degli appunti, della critica, delle chiose) riconoscere che si procede per scale e per gradi.
Stimo Massimo Sannelli perché ne riconosco il valore oggettivo. Il mio soggettivo si carica di gratitudine (è stato l'unico a sostenermi, a confrontarsi con chi "non è nessuno") - ma è un di più.
Sia Poesia e prosa poetica, crtica e traduzioni (e - in veste di attrice - ringrazio per parole piene di potenza) la mano di Sannelli rimane. A uno stadio/stato dell'essere non comuni.
Non siamo tutti scrittori (anche se tutti scriviamo) e non siamo tutti attori (anche se il presente conferma il contrario). Forse nemmeno io "sono" - ma Massimo Sannelli è.
In piena libertà,
Chiara Daino.
Chiara, piacere di conoscerti, prima di tutto ...
RispondiEliminaE grazie per il tuo commento che ho visto solo ora ...
Sai, la mia non era una domanda retorica e se altri vogliono ugualmente dire cosa susciti in loro la poesia di Massimo, ben vengano ...
Sappi che non voglio assolutamente "tirare acqua al mio mulino" e per cosa poi, che interesse potrei mai avere? No.
Nessun mulino ...
Il discorso sarebbe lunghissimo ma ti voglio dire solo questo:
io chiedo alla poesia qualcosa che sento a me restituita da altri poeti - ed è inutile che ti faccia una lunghissima sfilza di nomi che comprendono anche i migliori nordamericani o un caraibico come Derek Walcott ...
"Tu cantami qualcosa pari alla vita" ... è un verso di Mario Luzi, maestro che ho conosciuto e frequentato a Firenze ...
Massimo, per ora, non mi dà quel che io chiedo ... Libero lui di continuare per la sua strada, libero io di andar per la mia ...
E liberi quelli che vogliono comunicarmi reazioni diverse incontrando la poesia di Massimo ...
ciao
andrea
Grazie Andrea,
RispondiEliminaso che la sua non era una domanda retorica e - proprio per questo - sono intervenuta.
Fortunatamente ogni autore (perfino io e ringrazio) ha i suoi lettori, le sue "animae legentes" -altrimenti si annullerebbe il sano principio di confronto (e crescita) che l'essere diversi (per stile, indole, propositi,...)comporta.
Tutte le Arti sono sorelle in questo - e quanto una "ballad" dei Metallica può emozionare me, tanto può infastidire o non comunicare a un altro orecchio.
E sia - per tutti - poter vivere sempre nell'arco di Bellezza che si sente proprio.
Un saluto,
Chiara