Registro dei fragili o fragile registro?


Ci sono due poeti di mia conoscenza, classe '68, il primo e '64, il secondo, che hanno sempre volto il loro sguardo ai fragili, ai “vinti”: uno si chiama Andrea Margiotta (e di costui non dirò molto), l’altro si chiama Davide Rondoni … E, sia pur stilisticamente (e umanamente) molto diversi, è come se avessero lo sguardo fisso verso un punto comune: guardano lo stesso mare …
C’è poi un altro poeta – ancora più young– che ha manifestato in molti suoi testi questo tipo di sensibilità ma che – rispetto ai primi due – segue un corso d’acqua diverso, che forse sfocerà nello stesso mare, chi lo sa, ma che, al momento, prende direzioni altre, interessanti: si chiama Davide Nota from Ascoli …
Infine, c’è un altro ancora – from Emilia-Romagna – il quale, in maniera meno drammatica e sofferente dei primi tre citati, non come intenzioni o sentimento ma come scelta di registro e stilistica, ha comunque, tra un testo e un altro, posato la propria attenzione, affissando gli “sfigati” rifiutati dalla italica società del Videocracy e dei lustrini: si chiama Matteo Fantuzzi.
Apprendiamo recentemente dell’uscita di Registro dei fragili di Fabiano Alborghetti , del quale potete leggere qui alcuni testi

http://www.nazioneindiana.com/2009/09/22/registro-dei-fragili/

(ma in questo verso credo ci sia un errore di stampa:
Occorreva l’attenzione e lo faceva da già da mesi)

il quale, si aggiunge, dunque, alla compagnia …
Bene.
Se la scelta dell’argomento – ma trattandosi di poesia, si direbbe meglio del tema – mi trova decisamente entusiasta (benché mi insospettisca un po’ e mi chiedo: è una scelta di furbo politically correct di sinistra o è una autentica vocazione da crocerossina, dunque nobilissima e altruistica e grandiosamente pietosa?), non posso dire altrettanto dei risultati poetici … Più che del registro dei fragili, di fragile registro mi pare si tratti …
Non basta costruire più o meno bene (ma il mio orecchio sente molte zeppone) una ritmica e una metrica attorno ad un’idea – ottima - per far scattare il lampo poetico e, dunque, il risultato, dalla potenza all’atto …
Sono descrizioni piatte, fotograficamente visive più che di visione, spesso monotone, fredde e prive di respiro: più che di un poeta, parrebbero quelle di un entomologo intento a classificare e a sistemare il proprio campionario di insetti “doloranti” …
Un libro più pensato e progettato che sentito o ispirato o “dittato dentro”, un libro con nessun arcobaleno: grigio, plumbeo, “svizzero” ... (Una piccola notazione su questo ultimo termine: noi italiani diamo dello "svizzero" a quelle persone ultra-precise come degli orologi … Ovviamente, una generalizzazione: la Svizzera è tedesca, francese e italiana … La Svizzera è uno di quei posti che popolano i miei più segreti retro pensieri … C’è una poesia di Mario Lunetta – un poeta con il quale mi scontrai civilmente in tv, un poeta ESATTAMENTE agli antipodi delle mie rotte e preferenze e concezioni letterarie e di vita – che mi piace molto: allude a un luogo segretissimo, dei suoi sogni, della sua mente e, alla fine, dice: quel luogo è Budapest …
Ebbene, se quella poesia l’avessi scritta io, avrei detto che ci sono due strani luoghi-non-luoghi nella mia vita onirica: uno è Lugano l’altro è Praga, magica … Dunque: massimo mio rispetto per la Svizzera, ma di certo non si può parlare di una solarità esotica e sensuale di Lugano al pari di una solarità di Marrakesh o siciliana o romana … ).
Sicuramente, pesano alcune scelte – a priori – per me discutibili: l’anti-lirismo di partenza, ad esempio; e con questo non voglio dire che tra un lirico e un anti-lirico io preferisca sempre il primo: ci sono poeti lirici (specie donne) che mi fanno salire il tasso glicemico e che trovo inconsistenti e poeti anti-lirici che spesso mi colpiscono: tralasciando i molti stranieri, io amo Luzi, Conte, Penna e Caproni ma mi piacciono molto anche tante cose di Raboni, di Pagliarani e di Roversi, perfino di Fortini … Per non dire di due poeti come Pasolini o Pavese che meriterebbero una trattazione specifica …
Nel caso di Alborghetti, la scelta anti-lirica - a mio avviso – è poco felice …
Nell’altro caso del “nominato” Matteo Fantuzzi – invece – quella scelta anti-lirica si sposa ottimamente con una capacità di usare lo strumento dell’ironia – benché di ironia amara si tratti – che ricorda certi film di Pupi Avati …
Altra scelta sbagliata di Fabiano: il venerando e carducciano doppio ottonario che martella per tutto il corso della lettura contribuendo ad acuire quel senso di monotonia e di meccanicità dei testi …
E se qualcuno parlasse di melodramma - dimostrerebbe di capire molto poco di lirica, in senso operistico ...
Ma ancora: l’intento progettuale di partenza suggerisce una presa di distanza da un’estetica della bellezza, e potrei essere anche d’accordo se s’intenda la bellezza falsa e vuota che domina le nostre vite, tra veline, attricette e showgirl: ma questo non vuol dire sfociare in un’estetica della bruttezza, o per essere più precisi, nello scrivere testi piuttosto bruttini anche se – qua e là – appare la chiarità di qualche passaggio o movimento felice o di qualche immagine riuscita …
E non vuol dire che la bellezza non possa essere un valore (nonostante la fretta con cui – certe solerti sentinelle delle lettere, da noi o in Europa – l’hanno messa in cantina bandendola dall’arte)
Bellezza, questa grande esiliata … Vedere: Stefano Zecchi, L' artista armato, Mondadori, 1999
e bibliografia …

Vorrei invitare Fabiano Alborghetti a leggere i libri poetici di Davide Rondoni per imparare (sì, proprio per imparare) a sostenere la vista del dolore e della sofferenza senza rimanerne imbrigliati …
E non dico solo gli ultimi libri più noti: parlando di fragili, si può infatti cominciare da un libretto “clanDestino” del Rondoni young intitolato “O les invalides” …
Se io mi sono avvicinato al cristianesimo – benché continui ad essere fondamentalmente un anarchico, ribelle, un esistenzialista – lo devo anche alle poesie dell’ottimo forlivese …
E, dunque, se Davide riuscì a far accadere qualcosa, a far muovere l’aria, a scalfire la scorza dura del mio cuore, (e di molti altri) la sua parola ha centrato il bersaglio …
Ma Alborghetti per chi scrive? Mostra il solito catalogo di necrosi dell’umano – così come quelli che – ideologicamente e quindi non realisticamente - elencano solo gli sfasci o le nefandezze – e poi? E poi lo andrà a leggere in giro in posti ultraborghesi gongolando tutto in ghingheri e giacca e cravatta? E poi? Sarà chiamato in giro a rappresentare la Svizzera da questo o quell’altro Ente o Istituto, sarà tradotto ancora, come se non lo fosse già ben oltre i propri meriti reali …
C’è qualcuno che mi sa spiegare, oggi, l’insondabile mistero degli inviti da parte di enti di prestigio , non solo in Italia? C’è qualcuno che mi sa spiegare l’altro insondabile mistero delle traduzioni di poeti italiani ancora non "storicizzati" e, dunque, ancora un po' sommersi, nel mondo? …
Devo ridere o piangere apprendendo che un Alborghetti venga tradotto in spagnolo, tedesco, arabo, francese, inglese e sloveno?
Scusatemi, ma io ero rimasto all’idea che – prima di ‘circolare’ a livello internazionale – un poeta dovesse essere molto bravo …
E ai tempi di Montale e Ungaretti, accadeva così: tu pubblicavi un libro di poesia e – se il libro aveva un valore – qualcosa si innescava …
E via via – fino a circolare poi anche all’estero …
Questo perché? Perché c’era maggiore coesione, più valori condivisi, meno frammentazione soggettivistica: esisteva ancora una comunità letteraria fatta di critici, scrittori, poeti e lettori attenti (poi, certo, mafiette, antipatie e simpatie varie, esistevano anche allora …) …
E c'era più educazione da galantuomini e meno cinismo ...
E in quel tempo – si poteva anche pubblicare un libercolo in editori minuscoli e sperare che qualcuno ne riconoscesse il valore per poi compiere il proprio arco stilistico nel tempo …
Ma oggi? Non parlo a livello personale: non ho questo problema perché – per cultura letteraria, intuito, doni naturali varii, io il poeta bravo, autentico, vocato, lo fiuto a molti metri di distanza …
Parlo per quelli che non abbiano questo dono e che – come gregge - vagano un po’ circolanti di festival in festival, tra vinello e provolone e mortadella (per cortesia: se un giorno aveste la compiacenza e benevolenza di invitare a leggere il su “nominato” poeta Andrea Margiotta, si potrebbe fare una lettura con aragosta, caviale e champagne e belle donne?) O anche soltanto con del buon vino italiano al posto del blasonato francese …
Tornando ad Alborghetti e al suo libro nuovo: in verità, mi sembravano migliori i suoi testi che lessi anni fa, dopo che mi scrisse nel blog e ci conoscemmo, almeno di nome …
Poi – nel tempo – deve essere scattata qualche molla, deve essersi accesa la spia del narcisismo, di chi, travestito da falso francescano ed eticamente immacolato (ma anche un po’ da vampiro), sia sempre pronto a scandalizzarsi del “gangsterismo” altrui (il narcisismo che, invece, fa sempre scandalo negli altri – ed io sono stato uno dei bersagli preferiti di moralisti di professione che poi, in altra sede, si vantavano di questo o quel premio vinto o di essere arrivati alla “cinquantesima” edizione dei loro libri …)
Fino ad arrivare al comico involontario di pensare – sia pur battutisticamente - che il tilt del sito di Casagrande edizioni sia dipeso dalla moltitudine di invasati presi dal sacro fuoco dei suoi versi immortali …
Ma per favore! Alborghetti, si contenga!
E mi costa scrivere queste cose: vorrei solo parlar bene dei libri o non parlarne affatto (che non vuol dire sempre ignorarli ma anche apprezzarli tanto da non aver nulla da aggiungere): ma si deve: bisogna finirla con questo mondo di belle statuine nelle lettere che si fanno le carezzine e moine a vicenda, in parallelo a un “taglia e cuci” in segreto e – intanto - preparano le loro “carrierine” …
Si deve scuotere l’ambiente, altrimenti si cade in un generico e indifferenziato acquitrino paludoso e si favorisce il potere dei pochi …
Io dico quel che penso: poi ciascuno è libero di valutare: qualche volta, la critica negativa si trasforma in vantaggio per l’altro … E questo va benissimo e rientra nella natura delle cose …
In positivo, invece, non ho mai avuto problemi ad esternare il nome di poeti – magari anche idealmente lontani da me – in cui riconoscevo un valore e una autenticità di voce …
Stile Bloom – grande critico americano – che apprezzo in molti suoi affondi e meno in altri …
Ecco perché: se io dico – mi è piaciuto molto Tema dell'addio di Milo De Angelis o l'ultimo libro poetico di Conte – anche i sassi sanno che non sto facendo una marchetta o una leccatina – in un regime di scambio di favori; ecco perché non amo certe pre-fazioni inflazionate, (e non si vuole alludere assolutamente al bravo, lui sì, Pusterla) anzi, sarei per la generale abolizione delle stesse benché qualcuna, rara purtroppo, riesca a centrare bene il poeta che introduce …
E questo, non perché io sia migliore di altri, Dio me ne guardi! Non vanto titoli di purezza o di superiorità etica o morale …
Penso solo alla frase – già ve lo raccontai – che il grande pianista Arturo Benedetti Michelangeli (morto a Lugano …) disse ad un giovane: “In arte o sei bravo o vai fuori dai coglioni!” …
Tutto qui …
Un fatto di buon senso …
E benché sia conscio dell’impossibilità di estirpare il cancro del velleitarismo e delle ambizioni sbagliate o di tacitare i vari egotismi e la mancanza di autocritica o di semplice ragionevolezza, mi lancio in queste sortite che non mi portano nulla di sostanzioso in tasca, se non la stima di chi condivide il mio pensiero … Perché almeno, se nella prosa esiste uno Zeitgeist, più o meno condivisibile e, soprattutto, un pubblico “sovrano”, in poesia siamo alle Memorie del sottosuolo: tutto è confuso e, ripeto, tutto favorisce il potere di pochi … Ho la sensazione, purtroppo confermata dai fatti, di un grande brogliaccio e guazzabuglio …
Ogni tanto, ci sono dei tentativi davvero molto seri di lavoro critico, nei territori dell’ultima poesia: voglio ricordare almeno l’antologia Parola plurale e, tra gli altri, due suoi collaboratori: Paolo Zublena e Andrea Cortellessa, i quali si sono impegnati per davvero in una fatica lunga e non facile …
Ne parlai già in un vecchio post

http://supermargiotta.blogspot.com/search?q=parola+singolare

esplicitando alcune mie riserve per l’impianto chiaramente ideologico del progetto, un po’ alla “AnnoZero”, ma non certo per l’impegno notevolissimo e per l’impiego di una strumentazione critica puntuale …
Un lavoro molto di parte e ancora molto incompleto (e quello è umanamente perdonabile) ma fatto ad arte …

Vorrei invitare Fabiano Alborghetti a leggere i libri poetici di Davide Rondoni per imparare
quella potenza di sguardo e profondità di visione … E con felicità di canto, perché la poesia, signori miei, sì: deve anche cantare (e non necessariamente a voce spiegata)…
Altrimenti quale altro motivo spingerebbe il poeta – come fa Alborghetti - ad usare la dicitura: Canti?
E, soprattutto, con una luce e una speranza – reale e non sognata, concreta e non utopistica - che possano rendere meno cupo il male e la sofferenza e meno disperata la disperazione …

by Andrea Margiotta

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