Nietzsche è ancora una "dinamite"?

 

 



 

 

 

Parto da una citazione di Karl Jaspers: «La situazione filosofica contemporanea è determinata dal fatto che due filosofi, Kierkegaard e Nietzsche, che non contavano ai loro tempi, e, a lungo in seguito, rimasero privi di influenza nella storia della filosofia, hanno avuto una crescita di rilevanza continua. I filosofi venuti dopo Hegel hanno dovuto sempre di più fare i conti con loro, ed oggi [Kierkegaard e Nietzsche] si stagliano quali incontrastati grandi pensatori della loro epoca. […] L'effetto di entrambi è smisuratamente grande, perfino più grande nel pensiero generale che nella filosofia tecnica […]». «Più grande nel pensiero generale», scriveva Jaspers mi pare nel 1960. Sono passati 60 anni e la circolazione e l'influenza del pensiero di Nietzsche non hanno avuto sosta, non solo nella filosofia continentale (molto meno in quella analitica americana), ma proprio nel pensiero generale o comune.
L'Occidente odierno (o, ampliando, lo spirito dei tempi, come Zeitgeist) mi pare ancora più decadente e "liquido" di quello all'epoca del filosofo tedesco; eppure le idee di Nietzsche hanno circolato attraverso i Deleuze, Michel Foucault, Vattimo ecc. nella vulgata «di sinistra» dell'oltreuomo; ancor prima (ai tempi di d'Annunzio) circolavano nella vulgata, diciamo di «destra» del superuomo (io userei Übermensch, senza tradurlo). Le idee circolano pure (anche grazie al lancio iniziale dell'infaticatibile Archivio Nietzsche, gestito dalla sorella, con la sua opera di diffusione editoriale) e trovano accoglienza quando i tempi siano maturi, per essere rifiutate o introiettate, anche indirettamente o via terzi o quarti, o di seconda o terza mano ecc.
Si tenga anche presente che lo stile aforistico e antisistematico (ma con un suo sviluppo interno) di Nietzsche ha favorito una grande libertà interpretativa, tanto che Kurt Tucholsky scriveva: «Dimmi ciò di cui hai bisogno e ti troverò una citazione di Nietzsche».
Tutto questo, per dire cosa? Be' che se Nietzsche soffriva per la decadenza dei suoi tempi (imputandola alla «morale degli schiavi» del cristianesimo-giudaico o del socialismo), di certo non è stato l'antidoto, con il suo pensiero; ma è come se avesse, con il martello, finito di distruggere quello che già stava marcendo (come sosteneva, più o meno, anche Sossio Giametta), senza ristrutturarlo. Tornando alle parole di Jaspers, Nietzsche oggi è anche un'icona pop, usata spesso in chiave anticristiana (magari, senza neppure conoscere una sua riga, come avviene con Giordano Bruno), benché le sue idee abbiano ispirato perfino qualche teologo o filosofo non pregiudizialmente contro il cristianesimo e debbano qualcosa ai romanzi di Dostoevskij. 

Nel 2020, in Occidente, forse la vera dinamite alternativa è Cristo, non Nietzsche; il quale è un pensatore assorbito dal Sistema, nei suoi aspetti più "facilmente assimilabili"; un solo esempio: il senso di onnipotenza e la creatività (non sempre in positivo, si pensi alla bomba atomica ecc.) illimitati della tecnica (nell'accezione greca che dava Severino), della scienza (anche come "pansanità", biopolitica ecc.) e della tecnologia, derivano da quella sentenza: "Dio è morto" (e da altre espressioni correlate che possono essere rintracciate, tra lo Zarathustra e la Gaia scienza); questa sentenza non va solo intesa nel senso più letterale e quasi ovvio ma soprattutto, per Nietzsche, come necessità: "Dio deve morire perché l'Io divenga Dio"... Ecco. In tal modo il divenire altro delle cose, che è un'evidenza e la volontà di potenza non sono più soggette a una qualche struttura immutabile ed eterna. 

Piccola digressione: se tu usi Übermensch qualcun altro userà poi Untermensch (sub-umano); in verità, il secondo termine lo aveva usato anche lo stesso Nietzsche, ne «La gaia scienza», sebbene con un significato diverso... ma quelli che, non solo lo usarono, ma lo presero anche molto sul serio, furono i nazisti, per cui: ebrei, zingari, africani o «elementi asociali» quali omosessuali, mendicanti, malati ecc. (perfino liberali o democratici o russi bolscevichi) erano degli Untermenschen (sub-umani). Diciamolo: Nietzsche è stato il filosofo del nazismo, la "bestia bionda" (non voglio dire il profeta, come sostenevano sia György Lukács, da sinistra, che Ernest Nolte con il suo «Nietzsche e il nietzscheanesimo»), non per colpa sua, s'intende (non solo perché era morto ben prima ma anche a motivo che, come uomo, non avrebbe stimato né Hitler né il nazionalsocialismo, così come gli era stato inviso il nazionalismo germanico), ma per i suoi scritti che si prestavano assai bene. C'è un po' il mito delle manipolazioni della sorella  Elisabeth Förster-Nietzsche (nazista, antisemita e moglie di un antisemita): ma lascerei da parte la questione, tra chi - come i curatori dell'edizione «La volontà di potenza», uscita da Bompiani, Maurizio Ferraris e Pietro Kobau - minimizza le stesse, contestando il mito della «sorella parafulmine»; e chi - come Mazzino Montinari (che era comunista ed ebbe accesso alle carte dell'archivio, per la sua grande edizione filologica adelphiana con Giorgio Colli) - le considerava rilevanti se non addirittura pesanti.
Una diatriba che non mi interessa più di tanto, perché mi basta leggere anche le opere uscite quando Nietzsche era ancora vivo, per confermare quel che ho detto sopra. Concludendo: non è che Nietzsche fosse nazista o pre-nazista (sarebbe affermazione avventata...). Fu però tra i filosofi prediletti del Terzo Reich, tra Alfred Baeumler, Alfred Rosenberg, lo stesso Hitler e di Mussolini, evidentemente non per scelta casuale di una carta dal mazzo (per un gioco assai tragico...).
    

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